Educare alla meraviglia delle donne

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

In questo specifico momento storico, nel quale, forse in misura maggiore rispetto ad altri periodi, viene portata ai nostri occhi una quantità inaudita di violenza, questo 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sembrerebbe cadere come una goccia nel mare. Un rapido sguardo alle prime pagine delle più importanti testate giornalistiche, ma forse ancor più una ricerca accurata delle informazioni sommerse, quelle che attraversano i continenti ma non sempre raggiungono le nostre case, sembra riconsegnarci un quadro impietoso: la violenza sta sempre più diventando il linguaggio del mondo, sia in ciò che succede sia nelle reazioni che ne conseguono. E non solo in quelle più eclatanti: essa ha infatti molte sfaccettature. Violenza è tutto ciò che impedisce all’essere umano di essere pienamente se stesso attraverso interventi fisici o verbali, evidenti o striscianti nelle viscere più profonde del tessuto sociale. La violenza è sfacciata o subdola, a volte si cela addirittura dietro ai nomi di aiuto, sostegno, pace.

In Kenia la donna, la madre di famiglia, viene picchiata e punita dal marito se non riesce a portare il pane in tavola, ad esempio. E non si tratta del raptus di un folle, ma di una vera e propria consuetudine sociale. Troppo spesso la donna viene percepita e catalogata come essere debole, fragile, e dunque più attaccabile rispetto ad altri. Tante sono le storie di femminicidi e violenze che attraversano le pagine della cronaca occidentale, come molte sono le testimonianze che ci raggiungono dalle parti più svariate del globo. La violenza contro le donne resta inesorabilmente una chiara emergenza sociale, che prende forme diverse a seconda del luogo geografico e del sostrato culturale in cui attecchisce, continuando a mostrarsi come piaga del mondo, Italia compresa.

Eppure, in questa realtà nella quale ancora troppo spesso si risponde alla violenza con la violenza, che si nutre di aggressività e scontro tra opposti, come vento nuovo si inseriscono le parole buone di Francesco, parole che sono espressione di uno stile diverso. Non siamo infatti chiamati a contrastare la violenza con la violenza, piuttosto il Papa, attraverso il suo esempio, ci invita ad educarci ed educare ad uno sguardo nuovo sull’altro. Si tratta di un modo di vivere la realtà in cui, ad esempio, la stessa debolezza e fragilità che spesso viene vista come occasione, invito alla violenza, diventa ciò che di più prezioso la donna può portare al mondo e prende i nomi di grazia, delicatezza, profondità di cuore. Sono esempi, ovviamente: sarebbe sciocco e superficiale usare così poche parole per descrivere l’essere umano. Questo vuole essere solo un modo per sottolineare come il Papa ci stia accompagnando per mano a riconoscere la diversità dell’altro come una ricchezza e un’immensa forza al servizio dell’umanità tutta, ad avere uno sguardo nuovo che nutra un profondo desiderio, impegno e realizzazione concreta di uno stile di amore reciproco. E così il Papa ci aiuta, attraverso le sue numerose parole a riguardo, a distendere il nostro sguardo d’amore sulla donna: madre, moglie, professionista, centrale nella famiglia, nella Chiesa, nella società, forte, dolce e responsabile, acuta, speranzosa e instancabile costruttrice di ponti.

Sarebbe interessante, in questa giornata, piuttosto che limitarci a lanciare proclami contro chi ancora - e sono un’infinità - usa violenza alle donne, riprendere in mano i tanti discorsi e interventi del Papa che ci restituiscono un’immagine meravigliosa della donna e contribuire ad educare lo sguardo dell’umanità a leggere le infinite e profonde sfaccettature delle donne, riconoscendo una benedizione tra le pieghe del loro vivere. Anche come Associazione, sentiamoci dunque chiamati ad educare a questo sguardo, uno sguardo di bene che fa bene, perché porta a riscoprire nella diversità di ognuno una profonda ricchezza e si rivela il più prezioso antidoto alla violenza, la quale troppo spesso scaturisce dalla poca comprensione dell’altro o dalla sopravvalutazione di se stessi. Che il nostro sguardo, che lo sguardo di sempre più persone intorno a noi, possa allora essere sguardo di profonda tenerezza!

 

di Lucia Colombo - Vice-presidente nazionale dell’Ac per il Settore Giovani
dal sito
http://azionecattolica.it