Scuole cattoliche paritarie, un patrimonio per il Paese

Oltre la cronaca

Si è acceso improvvisamente, come un incendio boschivo in piena estate, un nuovo scontro sulla questione delle scuole paritarie, rischiando ancora una volta di ridurre il tema – che è quello generale della libertà di insegnamento nel nostro Paese – a complesse diatribe sull’interpretazione di norme già di per sé intricate, o peggio ancora a veder riprodotti i toni concitati di contrapposizioni ideologiche che si pensavano finite.

Ci pare invece necessario domandare a tutti un supplemento di attenzione e uno sguardo meno superficiale quando, in qualunque modo, si arrivi a riflettere sulle possibilità di mantenere in essere un patrimonio di esperienze, di pratiche, di servizio ai territori, quale è quello rappresentato dal mondo delle scuole cattoliche, la cui tradizione rappresenta una parte consistente della storia dell’istruzione e dell’educazione nel nostro Paese. È questa una tradizione ancora viva, ma che opera tra crescenti difficoltà; il dato oggettivo è rappresentato, negli ultimi decenni, dall’alto numero di scuole che sono state costrette a chiudere o a vendere.

Oltre la stretta attualità, che pure non può che richiedere una attenzione specifica, è dunque utile ricordare qualche semplice dato, in maniera volutamente schematica. A ognuno il compito di elaborare uno proprio ragionamento.

1. L’azione educativa della Chiesa è passata, passa, non può che passare anche attraverso l’istituzione di scuole che, lungi dall’essere “confessionali”, traducono ogni giorno i valori dell’antropologia cristiana in cura dei piccoli e istruzione, e li intrecciano con l’opera di formazione e accudimento delle nuove generazioni che è propria di ogni società. Ciò avviene in tutto il mondo; dovrebbe, nella libertà, poter avvenire anche in Italia.

2. Nessuna realtà ecclesiale (parrocchie, diocesi, associazioni, movimenti, ordini religiosi) che oggi apre o gestisce una scuola pensa di guadagnarci; per la gran parte, esse operano in perdita, investendo risorse nell’educazione perché lo considerano un valore in sé: istruire, per la Chiesa, significa rendere più libere le coscienze e aprirle a una dimensione alta, culturale e spirituale, per il bene di tutti.

3. La complessa vicenda storica del nostro Stato, che si è nutrita purtroppo, almeno sino ai primi decenni del Novecento, di uno spirito fortemente anticlericale anche in ordine all’istruzione, ha però prodotto snodi positivi, come la revisione del Concordato (1983) e, soprattutto, la cosiddetta legge sulla parità del 2000. Il riconoscimento della qualifica di “paritarie” alla stragrande maggioranza delle scuole cattoliche ne ha sancito il ruolo all’interno del sistema di istruzione nazionale; da quel momento, le scuole paritarie sono pubbliche.

4. Ogni scuola che si chiude, gravata dall’impossibilità di far fronte a costi sempre crescenti o improvvisi, impoverisce i territori in cui si è radicata. Nessuno può gioirne, anche perché le istituzioni civili si troverebbero a dover fare ulteriori investimenti per garantire agli studenti lo stesso servizio educativo (si pensi, soprattutto, all’impegno per scuole dell’infanzia o primarie).

5. Quanti continuano, anche a costo di complicati investimenti e sacrifici, a tenere aperte le scuole paritarie cattoliche sentono la responsabilità di rispondere sempre meglio alle sfide educative del nostro tempo. Sanno di dover migliorare e desiderano essere valutati per quanto riescono a fare, in ordine a una buona istruzione alla cittadinanza e al bene comune, a una sempre maggiore qualità dell’insegnamento e dell’educazione. Dentro la rete delle scuole italiane, desiderando che tutte le istituzioni – “pubbliche” e “paritarie” – facciano al meglio il loro servizio.

 

di Luca Diliberto docente presso l’Istituto Leone XIII di Milano
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http://azionecattolica.it