Per una chiesa che ama

Il Convegno ecclesiale nazionale

I mesi appena trascorsi si sono rivelati “caldi” e molto turbolenti, un po’ come la recente stagione estiva. Ci si riferisce non soltanto ai fattori metereologici cui abbiamo assistito e che siamo stati costretti a interpretare come evidenze preoccupanti di una violenta e progressiva tropicalizzazione del nostro clima mediterraneo, ma anche alle escandescenze sociali che descrivono un acuirsi di numerose tensioni. Tanto a livello nazionale che internazionale.

Drammi, piccoli e grandi. Abbiamo ad esempio sotto gli occhi il drammatico e incessante flusso di profughi e migranti dalle regioni magrebine e asiatiche che, se sopravvissuti alle fatiche immani di un viaggio assurdo svolto in condizioni disumane, vengono sottoposti a una gogna ignominiosa frutto di un’imbarazzante inerzia delle istituzioni e dalla prevaricante violenza verbale di agguerriti pulpiti demagogici. Abbiamo visto l’acuirsi dei fatti di corruzione e l’impudenza delle mafie che spingono comunità e istituzioni a un continuo braccio di ferro della legalità e del presidio del territorio. Abbiamo osservato, attoniti e atterriti, alla furia iconoclasta del fondamentalismo che annienta la dignità della persona e le forme nobili e alte della propria espressione culturale. Abbiamo ancora una volta toccato con mano la folle insensatezza della finanza speculativa che distrugge l’economia reale noncurante delle persone e del loro lavoro. L’umanità, l’umano ne escono mortificati, piegati e piagati.

Le parole del Santo Padre e di molti pastori e credenti, si sono levate, talvolta isolate nella babele mediatica, ma sempre coraggiose, lasciandoci intravedere come anche oggi davvero la voce della Chiesa possa rivelarsi autentica quando viene modulata attraverso l’alfabeto della profezia e della parresia.

Con sguardo amorevole. Una voce che si alimenta attraverso uno sguardo diverso sul mondo e sulla varia umanità che in esso vive, soffre e spera. Uno sguardo che è pienamente dentro la storia e le storie delle persone, che non si affretta a giudicare ma che è alla ricerca paziente di un comune giudizio, da maturare insieme. Uno sguardo in profondità che – come ricorda papa Francesco nella sua ultima enciclica – deve anche essere uno sguardo d’insieme (Laudato si’, 110).

Ma se si osserva in profondità, se si ha la pazienza di cercare e di mettere in luce fatti ed esperienze della vita quotidiana, ci si potrà davvero stupire come l’incontro, il dialogo, la relazione autentica, la condivisione e l’accoglienza s’inverano in tante storie concrete di umanità bella, sapida di solidarietà e densa di fraternità.

Occorre uno «sguardo amorevole» come scrive mons. Cesare Nosiglia nella sua introduzione alla Traccia per il cammino ecclesiale verso Firenze 2015.

La Chiesa italiana si prepara a vivere l’importante appuntamento del Convegno ecclesiale nel prossimo novembre, ponendosi in tale prospettiva globale e a un tempo concreta. «La via dell’intero è riconosciuta come via dell’umano» (Traccia preparatoria, p. 19).

Contemplare il volto di Cristo. Siamo ancora una volta esortati a contemplare il volto luminoso di Gesù Cristo per scoprire la bellezza dell’umano che si realizza nei gesti semplici e quotidiani della gratuità e della generosità. E ciò accade quando gli uomini e le donne sanno riconoscere la radice della propria umanità che – come ha scritto il presidente Matteo Truffelli – comporta il «sentirsi figli e imparare ad esserlo sempre di più» (editoriale Dialoghi 2/2015).

Contemplare il volto di Gesù e imparare a custodire l’umano che in esso viene rivelato, per divenire capaci di «vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che ancora può venire, consapevoli che si può solo ricevere» (Traccia preparatoria, p. 13).

L’umanesimo è un tema concreto, reale, vero che la Chiesa intende mostrare come termine esigente di una profonda e radicale trasformazione spirituale e sociale. È il riconoscere la forza di quel principio che il papa ha ricordato nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium al n. 233 («la realtà è superiore all’idea») e che anche la nostra associazione ha inteso porre come orizzonte di questo tratto di strada dalla vita associativa.

Cinque ambiti di riflessione. È, pertanto, anche molto concreta la scelta delle cinque vie che costituiscono gli ambiti della riflessione del convegno: uscireannunciareabitareeducaretrasfigurare.

Cinque percorsi di riconoscimento di un’umanità profondamente riconoscente, e cioè grata dei doni ricevuti e, in tal senso, capace di restituirli attraverso forme di relazionalità per dare nuova consistenza all’annuncio del Vangelo in questo tempo.

Ne deriva certamente un compito e un impegno per la chiesa tutta: quello di prendere davvero sul serio questo appuntamento come momento alto di discernimento comunitario, di ascolto sincero delle istanze profonde che emergono da un’attualità che rischia di essere consumata nella cronaca distratta dell’osservatore distaccato e superficiale.

Siamo chiamati a condividere sino in fondo la sofferenza e la fatica della ricerca dei nostri contemporanei, siamo convocati a camminare insieme a loro, a farci davvero popolo in cammino, a misurare il passo al ritmo dei più deboli, a non lasciare indietro nessuno, a sopportare la durezza della strada con la gioia che scaturisce dal sapersi “legati” insieme nell’andare, dal riconoscersi fratelli. Un cammino comune che diviene solidarietà inter-generazionale e intra-generazionale e che ci spinge a farci carico dei pesi reciproci, elaborando una cultura diversa e alternativa che non si arrende all’individualismo e all’egoismo di matrice economicista.

Desiderio di comunione. Leggiamo ancora nella Traccia: «Se provassimo a chiederci onestamente che cosa davvero cerchiamo e vogliamo, scopriremmo, forse con sorpresa, un desiderio di comunione al fondo di tutto ciò che siamo e che facciamo» (p. 30).

La sfida che abbiamo di fronte è ben rappresentata da quella «cultura della generatività» di cui parlano Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, che suona come un campanello di allarme nella globalizzazione dell’indifferenza. Siamo chiamati a ripercorre insieme a Maria, gravida di quel dono di Grazia ricevuto insieme alla notizia del messaggero divino. Un viaggio che ci chiede di alzarci in fretta, di scomodarci da quelle posizioni di sicurezza e di certezza, guidati dalla fiducia verso il Signore che ci chiede ancora una volta di andare a contemplare le meraviglie che compie quando scardina la logica del potere, della sopraffazione, del domino e del possesso.

Ci attende un percorso esigente, a tratti aspro e con passaggi stretti, ma siamo esortati a scoprire la gioia di questo viaggio alzando lo sguardo verso i cieli e la terra nuova che anche oggi, in questo tempo e in questa storia, si dischiudono all’orizzonte.

 

 Giuseppe Notarstefano - Vicepresidente nazionale Ac per il Settore Adulti
Articolo pubblicato su Segno n.10-2015