“Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”. Aldo Moro: padre, politico, credente.

A colloquio con Agnese Moro  ·  1 Marzo 2019  ·  Istituto Superiore “Cezzi De Castro - Moro”, Maglie

“Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. […] Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. […] Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”.

Con queste parole forti e al contempo intense e commoventi, si è aperto il colloquio con Agnese Moro, figlia del grande statista, rapito ed ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978. Siamo a Maglie, nella città che ha dato i natali ad Aldo e siamo raccolti, in ossequioso silenzio, nell’Aula Magna dell’Istituto di Istruzione Superiore “Cezzi De Castro - Moro”, non a caso, quindi, in una scuola, perché Aldo Moro, forse, prima che essere un politico, era un insegnante appassionato, che ha amato stare fra i giovani per tutta la sua vita.

Con fare semplice ed affabile, Agnese ci ha delineato il ritratto di questa persona straordinaria, raccontandoci di Aldo padre, del suo umorismo e della sua dolcezza verso i figli e verso l’adorato nipote Luca; ha condiviso con noi aneddoti riguardanti il grande uomo di stato, la cui vita era stata caratterizzata da scelte condivise e da tante non capite, ma sempre guidate da speranze illuminate per il futuro dell’Italia e dell’Europa, ed, infine, ci ha regalato l’immagine di quest’uomo innamorato di Dio, che aveva vissuto la politica come servizio supremo alla comunità, avulso da ogni interesse personale, vettore per andare oltre le divisioni tra cattolici e laici, tra cittadini e Istituzioni, tra Oriente e Occidente, Nord e Sud. Moro, da cattolico fervente, non ha rifuggito il proprio tempo, ma si è confrontato seriamente con le questioni e le problematiche sociali, avendo sempre presente il rispetto dei valori fondamentali della dignità della persona e della convivenza civile e cercando di promuovere la libertà e la dignità dell’essere umano.

E proprio sulla scia di questo insegnamento, si inserisce il lungo e sofferto “percorso del perdono”, intrapreso nel 2008 da Agnese Moro e da altre vittime del terrorismo che, guidati da Padre Guido Bertagna, in collaborazione con il criminologo Adolfo Ceretti e la giurista Claudia Mazzucato, hanno scelto di “incontrare” ex esponenti della lotta armata, per cercare una via “altra” alla ricomposizione di quella frattura che non smette di dolere; una via che fa propria la lezione della giustizia “riparativa”, nella certezza che il fare giustizia non possa, e non debba, risolversi solamente nell'applicazione di una pena. Non è questione di livellare il dolore, ma di affrontarlo. «Si sono ascoltate cose inascoltabili» ci ha confidato Agnese, a denti stretti, nell’ultima parte del colloquio, ma, piano piano, è arrivato quel perdono che si fa sintesi e trattiene dai ricordi la giusta dose di sofferenza, senza eliminare le colpe e le strazianti assenze. «Solo dopo tutto questo, ho ricominciato a ricordare con tenerezza mio padre». Agnese ha raccontato di quando il papà le lasciava sul suo letto di ragazza ogni giorno, qualche articolo di giornale sui danni del fumo per farle gettare la sigaretta e, nel mentre parlava, ha finito col commuoversi. Avremmo voluto abbracciarla tutti, per consolarla e trasmetterle l’affetto e la riconoscenza per la sua testimonianza, una testimonianza di vita straordinaria, di quelle che, almeno una volta nella vita, tutti dovrebbero ascoltare.

Eravamo arrivati convinti di ascoltare un racconto di morte ed orrore. Siamo andati via, portando nel cuore, invece, solo parole di vita e di rinascita.

 

Chiara Congedo
componente della Commissione socio-politica nell’ambito del Movimento lavoratori di Ac