Per annunciare il Vangelo non bisogna essere capaci ma gioiosi

Evangelizzare con spirito/1

Il tema della gioia dovrebbe ritornare ad avere piena cittadinanza nella nostra vita. Troppo spesso dimenticata e ancora troppo a lungo rilegata solo a qualche momento particolarmente felice, la gioia dovrebbe ritornare a essere la linfa vitale di ogni nostra azione. Per troppo tempo abbiamo pensato che tutte le cose potessero essere portate avanti solo con le nostre capacità intellettuali, con le nostre bravure e le nostre idee geniali oppure con il saper fare le cose, con le manie organizzative, con il riempimento intelligente delle agende pastorali e abbiamo dimenticato la cosa migliore, impolverata dalla nostra mania di grandezza.
Di questo si è reso conto papa Francesco che scrive all’inizio dell’esortazione Evangelii gaudium: «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice offerta di consumo, è una tristezza individualistica che scaturisce dal cuore comodo e avaro» (Ev, 2).
Da subito il papa ha voluto ridarci la bellezza di assaporare la gioia come motore della nostra vita, di ogni nostra azione e di ogni nostra organizzazione. Per vivere da cristiani è necessario essere gioiosi e soprattutto essere scomodati dal nostro “divano-felicità”. Nel rileggere alcune parti dell’esortazione mi sono accorto che ci suggerisce alcuni atteggiamenti che dovremmo riscoprire per poter dare “respiro alla manovra” come si usa dire nel linguaggio calcistico:

Essere capaci di riaprire la vita interiore
La gioia, dono di Gesù Risorto, è l’esperienza della riapertura del cuore dopo la delusione della morte. Prima di ogni missione Gesù cerca di rendere il cuore dei discepoli caldo e gioioso perché solo con questo dono possono riaprire le porte, uscire dal nascondiglio e annunciare a tutti la buona notizia del Vangelo. I discepoli non sono usciti perché capaci ma perché gioiosi.

Rinnovare l’incontro con Gesù
Siamo tutti chiamati a dire di nuovo il nostro amore a Gesù, a ricominciare un cammino con Lui e soprattutto siamo invitati a ridirlo nei nostri giorni “feriali”. Non basta una volta per tutte. L’amore si dice ogni giorno con gli occhi, le parole, le mani. L’amore deve essere capace di novità profonda e sconvolgente, in caso contrario non potremmo chiamarlo amore.

Sentirci invitati
Per scomodarci abbiamo bisogno di sentire che l’invito a dire il Vangelo è per me, con questa vita che mi ritrovo a vivere e con tutte le pesantezze che mi porto addosso. La mia vita così com’è non può diventare la scusa per tirarmi fuori ma dovrebbe diventare il motivo più vero e più bello per sentirmi dentro questo annuncio che parte proprio dalle mie pesantezze e per questo diventa ancora più vero.

Evangelizzatori con spirito
Per questo come assistenti centrali abbiamo deciso di raccontare e di scrivere facendoci ispirare dal capitolo quinto dell’esortazione. In questo anno proveremo con le nostre capacità, a mettere gli occhi su cosa significhi per noi essere evangelizzatori con spirito. Proveremo a dirlo partendo dai nostri vissuti, dalle cose che viviamo e da tutto quello che come preti sperimentiamo nella nostra vita.  Ci è sembrato poi, rivendendo la scelta fatta, che proprio di questo avevamo bisogno, noi prima di tutto e poi quanti in questo periodo leggeranno la nostra rivista. Non vogliamo dire come si devono fare le cose, ma solo provare a riscoprire la gioia del Vangelo.
Quello appena iniziato è per tutta l’Ac un anno di cambiamenti e di grandi celebrazioni. I cambiamenti delle presidenze e dei consigli sono i momenti che ogni tre anni ci invitano a fare i conti con la nostra fede e il nostro impegno associativo. Tutti dovremmo essere in grado di capire se con l’impegno associativo è aumentata la nostra fede e la nostra adesione a Gesù oppure abbiamo solo accumulato stanchezze e frustrazioni. Per questo è necessario ridirci, a bocce ferme, la gioia del Vangelo: per dare nuovo gusto alle cose e far parlare gli occhi della nostra adesione a Gesù.
Sarà il 2017 un anno in cui festeggeremo e ricorderemo il 150 di fondazione e per noi dovrà essere il momento buono per ripartire, per riscoprire le gioie iniziali e scoprire magari che tanti prima di noi hanno vissuto la loro vita associativa in modo gioioso nonostante le fatiche.
Nel capitolo quinto dell’Evangelii gaudium il papa dà ancora più forza a tutto il documento. Nelle parole si intravede il cuore innamorato di un uomo che non scrive tanto per scrivere ma, «semplicemente proporrò alcune riflessioni circa lo spirito della nuova evangelizzazione» perché sente il desiderio di comunicare qualcosa e di dare forza nuova a tutta la Chiesa e a tutti gli uomini e le donne che “sprecano” il loro tempo per il Vangelo.
Il nostro desiderio è allora quello di essere o di ritornare a essere «evangelizzatori con Spirito: che vuol dire evangelizzatori che si aprono senza paura all’azione dello Spirito. A Pentecoste, lo Spirito fa uscire gli Apostoli da se stessi e li trasforma in annunciatori delle grandezze di Dio» (Ev. 259).
Perchè «… un evangelizzazione con spirito è molto diversa da un insieme di compiti come un pesante obbligo che semplicemente si tollera …..» (Ev, 261).

 

di Tony Drazza - Assistente ecclesiastico centrale Ac per il Settore Giovani
dal sito 
http://azionecattolica.it