Intervista a Maria Grazia Vergari, Vice Presidente nazionale - Settore Adulti

1. Inizia per te un triennio associativo “diverso” da Vice-Presidente nazionale del Settore Adulti: quali emozioni e quali esperienze di questa nuova avventura?

Il primo sentimento è quello di una grande gratitudine. Penso di essere espressione di una realtà bella e ricca, la mia Chiesa diocesana, l’Ac diocesana e parrocchiale che oggi dona, attraverso di me, la disponibilità a mettersi al servizio di tutte le realtà associative italiane portando l’esperienza e la sensibilità che ho maturato in diocesi. Poi sicuramente la gioia di vivere questo servizio nel tempo di Papa Francesco e l’entusiasmo di contribuire a costruire con lui il sogno di una Chiesa “in uscita”. Questa responsabilità arriva in un momento della mia vita in cui, come per tutti gli “adulti giovani”, ci sono passaggi esistenziali importanti, in cui si cercano equilibri, si fanno scelte, e penso che tutto questo possa essere messo a servizio dell’Ac oggi. La responsabilità in associazione è bella, è un dono per la nostra vita , è una scelta impegnativa, certo, ma che aiuta a gestire bene il tempo, a vivere ancora più intensamente la vita di laico: famiglia, lavoro, impegno, affetti. C’è un passo del Qoelet che mi ha sempre accompagnato fin dal mio impegno di educatore in parrocchia: “Getta pane sulle acque col tempo lo ritroverai”. È la logica della gratuità, dello “spreco” in senso evangelico, logica che ho imparato da tante persone in Associazione che mi hanno preceduto e che mi ha spinto, oggi, a non tirarmi indietro. Consapevole che , come dice un’adultissima della mia parrocchia, invitandomi ad affidarmi : “Poi pensa Iddhru…” (riferito al Signore!) Non vi nascondo la fatica alla vista del calendario associativo, fitto di riunioni, appuntamenti, ma qui in centro nazionale, l’esperienza bella di fraternità di tante persone provenienti da tutta Italia rende tutto più “leggero”.

 

2. In base alla tua esperienza associativa vissuta pienamente in diversi contesti e in diversi ruoli, ricca di relazioni intessute nei tanti anni di vita di AC, “registrata” fin dalla tua prima tessera: cosa è per te l’Azione Cattolica?

L’Azione Cattolica è un’esperienza che mi ha aiutato a vivere “radicata semplicemente nel Battesimo” per usare un’espressione che a me piace molto del Progetto formativo. A vivere scoprendo la dignità di quel “semplicemente”. L’Ac mi ha parlato di una santità laicale che si costruisce nella quotidianità, mi ha trasmesso la passione per la Chiesa e mi ha insegnato a guardare al mondo con “immensa simpatia” come ci ha suggerito il Concilio, facendomi cogliere come nella mia vita e in questa storia Dio è presente con il suo amore per attrarre ciascuno verso un progetto di un’umanità piena e felice.

 

3. E’ una grande gioia avere un rappresentante della nostra diocesi nella Presidenza Nazionale: cosa porterai dell’AC Idruntina e della Terra d’Otranto?

Bella domanda. Innanzitutto in Presidenza non mancheranno i tarallini e i pasticciotti. Scherzi a parte girando tanto per l’Italia ho avuto modo di apprezzare sempre di più la nostra realtà che a volte concentrati a guardare al nostro ombelico non riusciamo ad apprezzare. Mi porto la ricchezza di esperienze di comunità belle, aperte, dal “ volto umano”, ricche di accoglienza e calore. Mi porto la passione di tanti educatori (i miei per primi!) e la tenacia di tanti adultissimi che in questi giorni mi hanno fatto sentire il loro sostegno. Mi porto uno stile di dialogo franco e cordiale con i sacerdoti e con i vescovi che negli anni si sono succeduti. Mi porto la creatività e l’audacia di un’Ac che è nel territorio accanto alle gioie e della fatica della gente. Mi porto la consapevolezza di chi vive una “terra di confine” e l’amore per le “frontiere”. Mi porto la testimonianza dei nostri Martiri.

 

4. Condividi la responsabilità del Settore Adulti con Giuseppe Notarstefano: vi siete già confrontati sulla situazione generale del Settore e quindi sulle priorità da affrontare?

Il settore adulti è una realtà molto plurale, poiché coinvolge una fascia di età molto ampia. Di questa complessità siamo molto consapevoli. Sento forte, insieme a Giuseppe e a d.Emilio, l’importanza di accostarsi con delicatezza alle questioni degli adulti e alle loro domande di senso e alla ricerca della felicità che ognuno coltiva nel proprio cuore. Quando penso alla complessità penso soprattutto alle sfide nuove che vengono dall’accompagnare e sostenere le famiglie in un contesto sempre più precario e frammentato, penso alla necessità di sostenere la capacità educative dei genitori, penso alla necessità di accompagnare i passaggi esistenziali importanti degli adulti-giovani che spesso proprio in questa fase di vita si allontanano dall’associazione e dalla Comunità. Penso, infine, agli adultissimi e alla possibilità di renderli sempre più protagonisti nella vita associativa, penso alle sfide che vengono da un contesto sempre più multiculturale e che ci incoraggia al dialogo con altre religioni e ad un impegno forte per una cultura della pace.

 

5. Gli adulti sono una grande risorsa per la comunità, risorsa che alle volte va stimolata: qual è il tuo invito per i “nostri” adulti?

Penso che anche per noi valga l’invito di Papa Francesco nella Evangellii Gaudium a non cedere alla logica del “si è sempre fatto così” e promuovere una pastorale più missionaria, ripensando tempi, luoghi, modalità, linguaggi con la profezia e la creatività che da sempre contraddistinguono la passione educativa dell’Ac. Gli adulti di AC allora dovranno contribuire a coltivare l’associazione come un luogo accogliente, caldo e luminoso, dove ciascuno si possa sentire a casa propria con uno stile fraterno, dove l’incontro autentico, il dialogo franco, la proposta essenziale e coinvolgente. Penso che i gruppi adulti possano diventare luoghi in cui davvero si faccia discernimento comunitario, coltivando un’autentica spiritualità, luoghi aperti e inclusivi in cui ci sia spazio per tutti anche per chi si sente in ricerca. Penso sia importante recuperare il ruolo educativo nei confronti delle giovani generazioni, tornare ad accompagnare giovani e ragazzi nel percorso di fede, appassionarsi al territorio e alle sfide che la nostra terra ha di fronte, non con lo stile del “lamento e della chiacchiera” ma con sguardo positivo, profondo e direi soprattutto profetico.