La “mistica” della fraternità

Evangelizzatori con spirito/4

Una delle parole-chiave dell’Evangelii gaudium è “mistica”, essa permea tutta l’esortazione e costituisce il nerbo della risposta ecclesiale alla rivelazione dell’amore divino.
Questa “mistica” tipicamente bergogliana è tutta intrisa di spirito francescano e ignaziano. L’ispirazione francescana è reperibile nell’enfasi data alla gioia di essere figli del Padre celeste, alla fraternità come suo immediato corollario comunitario e alla povertà come contrassegno del possesso dell’unica vera ricchezza. L’afflato ignaziano emerge, invece, nella spiritualità dell’Incarnazione (trovare Dio in ogni cosa), nel discernimento (che sta alla base della proposta di una Chiesa in uscita) e nel primato conferito alla maior gloria di Dio. A questo si aggiunge una speciale coloritura latinoamericana che si manifesta nel carattere festoso, comunionale e popolare che papa Francesco vorrebbe vedere nella Chiesa.

La gioia della fede: contemplare Cristo
La mistica di Bergoglio non affonda le sue radici in spiritualismi o dure ascesi o teoriche speculazioni; essa si riallaccia direttamente al più autentico e genuino dato neotestamentario: «Cristo in mezzo a voi» (Col 1,26), il Verbo fatto carne che si vede, si tocca nell’esperienza della comunione.

Il punto di partenza è quindi il gaudium provocato dalla libera accoglienza del vangelo, ossia della fede assimilata. Essa è adesione cordiale, spontanea, profonda, alla Rivelazione dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo incarnato e crocifisso. Lì si svela tutto l’amore folle del Deus caritas per ogni uomo e per tutto l’uomo.

Tale amore trasforma dall’interno e rivela all’essere umano il suo valore sacro e la sua dignità infinita. «Al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e la nostra dedizione. Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. È bello essere popolo fedele di Dio. E acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!» (Eg 274).

Il vero mistico è colui che crede e vive la “presenza” divina in questo mondo. È quindi una mistica-spiritualità che parte dalla contemplazione di Cristo, del suo farsi prossimo all’umanità, del suo assumere la carne. «Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza» (Eg 88).

La fede manifesterà poi la sua vitalità e “attività” mediante la carità che da essa sgorgherà. Tale contemplazione impone o meglio suscita immediatamente e spontaneamente una rivoluzione etica: la nuova ortoprassi del seguire «il cammino luminoso di vita e di sapienza» tracciato da Cristo e del quale il Signore è il supremo esempio.

Rompere le pareti e riempirsi di volti
Evangelizzare non è fare opera di propaganda e proselitismo, ma solo prestare la propria voce all’amore di Cristo per l’umanità. È Lui il Soggetto dell’evangelizzazione. Per cui, la missione non è un dovere, un peso, è piuttosto l’irradiarsi di un’amicizia: far conoscere agli altri un amico buono e benefico.

Amato e inabitato da Cristo il cristiano si scopre eo ipso missionario e vuole portare Cristo verso coloro che Cristo già ha fatto suoi con la sua Incarnazione; di più, è egli stesso “missione”: «la missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non e un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (Eg 273).

La mistica della fraternità
Dimensione fondamentale di questo passione  evangelizzatrice è la mistica della fraternità. “essere missionario”. Il discepolo sa scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste; vive «una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono» (Eg 92).

Generata da Gesù, la fraternità mistica, prima di essere una démarche etica, scaturisce fondamentalmente da un atteggiamento “contemplativo”. Essa muove da un nuovo sguardo sull’altro: il prossimo visto come fratello amato infinitamente da Dio in Cristo, impreziosito dalla grazia della creazione e ancor più della redenzione. Una contemplazione che si manifesta come «attenzione rivolta all’altro “considerandolo come un’unica cosa con se stesso”. Quest’attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa desidero cercare effettivamente il suo bene.

Si può dire che tale ethos fraterno consta di due momenti: il momento “negativo” o passivo consiste nel concretissimo amore al prossimo con paziente carità e perdono costante, ossia capacita di accoglierlo con i suoi difetti, con i suoi peccati. La dimensione positiva o attiva sta invece nel «cercare la felicità degli altri», ossia promuovere l’altro, volere la sua gioia, e questo non solo a misura nostra, ma con la misura di Dio. Si riconosce qui tutto l’insegnamento biblico ed evangelico dell’amore al prossimo come «a se stessi», ma anche della riprova dell’amore a Dio nell’amore del fratello. Il presupposto teologico e cristologico fonda l’amore verso l’altro visto come intimo di me stesso e porta poi a «vivere il Vangelo della fraternità e della giustizia» conforme alla Rivelazione che «insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi […]. Come la Chiesa è missionaria per natura, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (Eg 179).

 

di Antonio Mastantuono - Vice Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana
dal sito:
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