La misura della felicità

I dati del “World Happiness 2016”

La felicità non è solo uno stato dell’anima ma un parametro socioeconomico da misurare empiricamente. È, soprattutto, un indice di sviluppo umano più attendibile del tradizionale Prodotto interno lordo (Pil). Lo sostiene il Rapporto mondiale sulla Felicità, giunto alla quarta edizione, redatto dagli economisti John Helliwell, Richard Layard e Jeffrey Sachs, che propongono un metodo scientifico d’analisi il cui scopo è di modificare positivamente gli assetti politici e sociali di quanti più possibili paesi al mondo, basandosi sul livello di benessere soggettivo e felicità delle 156 nazioni prese in esame.

Questo resoconto internazionale, a partire da dati raccolti dalla Gallup (società di ricerche e sondaggi statunitense celebre in tutto il mondo), individua sei “condizioni di felicità” possibili, basate su redditosalutelibertà di scelta,assenza di corruzionequalità della vita di relazionegenerosità, che spiegano tre quarti delle differenti felicità tra gli abitanti del pianeta, indicando come la soddisfazione di vita dipenda dalle scelte personali e dalla politica.

Al di là di qualche evidente pecca (i libici sarebbero più felici dei portoghesi, e in Arabia Saudita si sarebbe più felici che in Spagna) il Rapporto ha certo il pregio di andare oltre il fattore economico Prodotto interno lordo (Pil) che non può essere più considerato l’unica variante che decreta e modifica il benessere di ciascuno e di tutti i paesi. Più Pil non vuol dire automaticamente più benessere e felicità. Basti l’esempio delle elezioni irlandesi, in cui il governo è stato sonoramente sconfitto nonostante una crescita, sulla carta, del 7%.

Scorrendo la classifica si evince che la Danimarca è il paese dove benessere personale, sociale e politico coincidono fino al punto da creare una felicità superiore a quella di tutti gli altri paesi analizzati nel rapporto. Svizzera, Islanda, Norvegia, Finlandia, Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Australia e Svezia sono, nell’ordine, i successivi luoghi di maggior felicità. L’Italia è al 50° posto (eravamo al 45°). Nel triennio 2013-2015 si è chiesto agli intervistati di dare una valutazione di felicità su una scala da 0 a 10. La media delle risposte, sui 156 paesi analizzati, è di 5.1 su 10. Le variabili fondamentali che determinano la felicità dei tre quarti della popolazione intervistata sono oltre al Pil reale pro capite, l’aspettativa di vita in buona salute, l’avere qualcuno su cui contare, la libertà percepita e di scelta, l’assenza di corruzione e la generosità.

Rispetto alle precedenti edizioni del Rapporto, in questo 2016 ci si è concentrati sull’infelicità: si è verificato che le persone sono più felici se vivono in società dove c’è meno disparità. E siccome la disuguaglianza è aumentata in modo significativo nel 2013-15 rispetto al 2005-2011 (periodo d’analisi del precedente rapporto), possiamo ben dire che siamo tutti un po’ meno felici. In altri termini: per la prima volta il rapporto misura la correlazione negativa tra soddisfazione di vita individuale e volatilità della felicità. Che gli essere umani fossero empatici, lo sapevamo. Ora è certificato che a parità delle nostre condizioni personali, siamo meno felici se nel paese in cui viviamo la diseguaglianza della felicità è maggiore.

Nell’eurozona - fatto assai significativo - Italia, Grecia e Spagna sono tra i paesi con il maggior declino di felicità nel corso degli ultimi anni. C'entra la tendenza al melodramma dei popoli mediterranei? Forse, sì. Diciamo però che c'entra anche il fatto che la finanza e l’economia dell’euro non sono ancora diventate finanza ed economia di tutta l’Europa. Il Sud subisce un’Unione Europea troppo nordica, basata sull’etica protestante e normanna, sempre più distante dal modello territoriale (distretti e comunità) tipico della tradizione mediterranea e latina. I dati del Rapporto dicono che la crisi dell’Europa del Sud è crisi della felicità delle persone, non soltanto di governi e banche. Le ragioni del crollo di felicità sono nella carestia di speranza collettiva. Tradotto: in quella parte d’Europa dove il Sole è più caldo esiste un legame profondo tra felicità e speranza e se mancano grandi sogni comuni inesorabilmente cresce l’infelicità.

 

di Antonio Martino - dal sito http://azionecattolica.it