Misericordia, il tempo opportuno

Con l’indizione dell’Anno straordinario giubilare, papa Francesco ha immesso nelle viscere del mondo il termine “misericordia”. L’ultimo grande Giubileo è stato quello voluto da Giovanni Paolo II nell’anno 2000. Ma, rispetto a quello che la Chiesa universale si appresta a vivere tra qualche mese, è come se il terreno fosse stato concimato già prima, durante i due anni di pontificato dove la misericordia è stata il faro del suo magistero. La misericordia dei gesti, dell’accoglienza verso i fratelli più bisognosi, la misericordia del sorriso e del perdono, che offre sobrietà e gentilezza insieme, la misericordia, infine, che mette la “Chiesa del grembiule” (espressione tanto cara al servo di Dio don Tonino Bello) al primo posto nel racconto di vita sulla strada del vangelo.

Con don Carlo Molari, teologo, saggista e scrittore, Segno prova a leggere i segni di quest’evento così importante per la vita delle Chiese e dei popoli.

 

Che valore ha oggi il termine “misericordia”?

Misericordia di per sé vuol dire “missione di amore verso la miseria”. Indica quel momento nel quale l’offerta del bene verso le persone che si trovano in condizioni di sofferenza, di emarginazione e di male, diventa nuova forza vitale. L’atteggiamento della misericordia è proprio di chi trasmette l’amore affinché il prossimo, i fratelli più deboli, escano dalla loro condizione di male e di peccato. È l’orientamento dell’amore che solleva chi sta nel male verso un cammino di liberazione interiore e corporale.

 

L’Anno santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, domenica di Nostro Signore Gesù Cristo re dell’universo. Come andrebbe vissuto questo anno giubilare?

Sono due i movimenti che l’anno giubilare mette in moto. Innanzitutto l’accoglienza dell’azione misericordiosa degli altri nei confronti del nostro male: l’invocazione del perdono è l’accoglienza dell’azione misericordiosa degli altri. Dio, infatti, opera attraverso le creature nei nostri confronti. Il secondo aspetto è il nostro diventare “ministri di misericordia”, cioè il nostro impegno a diffondere l’amore misericordioso di Dio. La Chiesa è invitata, tutti noi siamo invitati, a offrire perdono. Assolvere dal male, non è un atto giuridico, bensì significa diffondere l’energia vitale e salvifica che proviene dal vangelo affinché il prossimo esca dalla sua condizione di male. Noi avvertiamo quando qualcuno ci sottrae vita, ci disprezza, emargina, non ci è vicino, e, al contempo, avvertiamo la forza che viene quando qualcuno ci è accanto, ci alimenta con la sua stima e affetto. Ecco, questo è un esercizio concreto di misericordia.

 

Le opere di misericordia, corporali e spirituali, sono state forse un po’ dimenticate dalle nostre omelie e catechesi, come se fossero parte di un linguaggio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare?

Certo. Giovanni XXIII insisteva molto sulle opere di misericordia perché sono forme concrete di “pratica evangelica” sorte nella tradizione della Chiesa come esercizio dell’amore che diventa sostegno nel cammino difficile della vita. Nel catechismo sono elencate sette opere di misericordia corporali (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti) e sette opere di misericordia spirituali (consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti). Sono espressioni concrete della forza creatrice della vita che diventa offerta gratuita ai fratelli e alle sorelle. Ciò implica che anche noi sappiamo accogliere consapevolmente le dinamiche misericordiose degli altri. Il giubileo è l’invito a rafforzare vincoli di amore gratuito all’interno della Chiesa perché queste dinamiche si diffondano nel mondo intero e prevalgano sulle spinte della violenza distruttrice.

 

Temi di assoluta attualità, specie se osserviamo gli scenari globali…

Oggi l’umanità si trova a una nuova svolta. L’orizzonte planetario esige che tutta l’umanità raggiunga un nuovo traguardo di convivenza e di fraternità. I mezzi di comunicazione ci consentono di vivere meglio, e la globalizzazione, se governata all’interno di un processo di giustizia della distribuzione dei beni e di sviluppo economico sostenibile, può davvero realizzare una nuova felicità per i popoli. Ma questo orizzonte planetario richiede delle qualità spirituali di comunione, di condivisione e di misericordia, che finora non erano necessarie e neppure possibili. Il dialogo tra le diverse culture e la condivisione delle esperienze religiose, fanno sì che oggi le nuove qualità spirituali necessarie perché l’umanità possa procedere sulla terra possano fiorire e diffondersi in mezzo a noi.

 

L’accoglienza e l’offerta della misericordia risiedono più nella nostra anima o nel “fare” le opere?

Accogliere la misericordia suppone prima di tutto la consapevolezza del proprio male. In secondo luogo richiede il riconoscimento della funzione che gli altri hanno nei nostri confronti: noi abbiamo bisogno dell’amore degli altri, riflesso dell’amore di Dio. In questo senso il primo aspetto della misericordia è un dinamismo di ascolto e di accoglienza. Poi, certo, dobbiamo sviluppare l’offerta della misericordia che diventa gesto concreto di amore e di perdono per gli altri. San Paolo, nella seconda Lettera ai Corinti, definisce questo atteggiamento «ministero della riconciliazione» (5, 18-19). Tutti hanno il compito di offrire perdono, di immettere dinamiche di gioia e di riconciliazione nella vita degli altri. Nella preghiera insegnataci da Gesù diciamo: «perdona noi come noi perdoniamo». Sappiamo diventare ministri di misericordia?

 

Quindi è il tempo giusto per “essere” in misericordia e praticare misericordia?

È il tempo opportuno. Papa Francesco, con l’enciclica quotidiana dei gesti, sta dicendo a tutta la Chiesa e a noi peccatori che il tempo della misericordia è qui, tra noi, illuminato dallo sguardo tenero di Dio. Sta a noi capirlo, interiorizzarlo, diffonderlo, praticarlo. Perché prevalga il bene sul male è necessario che si diffondano nel mondo dinamiche di amore gratuito. Fino a ora la vita ha prevalso, ma oggi c’è il rischio – vedi la corsa agli armamenti o la crisi geopolitica mediorientale – che la morte prevalga. Per coloro che hanno fede in Dio il bene è più forte del male. Ma perché il bene prevalga sulla terra deve diventare azione umana, gesto concreto di creature. Ecco perché penso che l’indizione dell’Anno della misericordia sia un’intuizione geniale, una decisione opportuna. Il pontificato di papa Francesco è provvidenziale. Tempi nuovi di speranza e di pace si prospettano dinnanzi a noi sotto la luce della misericordia.

 

Intervista con Carlo Molari di Gianni Di Santo