Superiamo i conflitti, curiamo le ferite del mondo

Il magistero di Francesco e il viaggio ecumenico in Svezia

“Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza che la separazione ha prodotto tra noi”. Parole importanti che risuonano nella cattedrale di Lund, antica e austera con i suoi quasi mille anni di storia. Tra quelle mura altre parole si sono udite nei secoli passati per rimarcare la divisione che ha avuto origine cinquecento anni fa quando un monaco domenicano, Martin Lutero, ha scelto di affiggere, sulla porta del duomo di Wittenberg, la Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze, meglio nota come le 95 tesi: era il 31 ottobre 1517.
“Dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono: Dio solo è il giudice”, dice ancora Papa Francesco, in questo suo breve viaggio nella Svezia luterana e secolarizzata. “La nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetrata da uomini di potere di questo mondo più che per la volontà del popolo fedele”.
Si vive un momento davvero storico nella cattedrale romanica di Lund. Un coro di bambini intona l’Ave verumCorpus di Mozart; la preghiera comune di cattolici e luterani, guidata dal Papa e dal presidente della Federazione mondiale luterana, Munib Yunan, davanti ai rappresentanti di 145 chiese protestanti presenti in 98 paesi, apre solennemente le celebrazioni per i 500 anni della Riforma: “oggi abbiamo la possibilità di riparare a un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni, gli altri”. Si ascoltano parole quali misericordia, perdono, rinnovamento, riconciliazione. Già tornando dall’Armenia Francesco aveva detto: “credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo … la chiesa non era proprio un modello da imitare”.
Si vive davvero la storia tra le mura della cattedrale di Lund. Una storia che ha iniziato a cambiare passo con il Concilio Vaticano II quando si costituisce il gruppo di lavoro cattolico romano e evangelico luterano, e, nel 1967, iniziano ufficialmente il dialogo teologico, che produce numerosi documenti fino a quella Dichiarazione comune sulla Confessione Augustana, 1980, e su Chiesa e giustificazione, 1993, che apriranno la porta alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione che sarà firmata solennemente il 31 ottobre 1999 ad Augusta. Quattordici anni più tardi, 17 giugno 2013, ecco il documento Dal conflitto alla comunione, nel quale, tra l’altro, si legge: “gli inizi della riforma saranno ricordati in maniera adeguata e giusta quando luterani e cattolici ascolteranno insieme il Vangelo di Gesù Cristo e si lasceranno di nuovo chiamare a fare comunità insieme al Signore”.
Il dialogo si è arricchito, nel tempo, anche di gesti concreti come le visite dei Papi alla Christuskirche, la chiesa luterana di Roma: il primo Giovanni Paolo II l’11 dicembre del 1983, poi Benedetto XVI, 14 marzo 2010, e infine Francesco, 15 novembre 2015. Ma ancor più importante è stata la visita di Papa Ratzinger all’ex Convento domenicano di Erfurt in Germania, dove studiò Martin Lutero e dove celebrò la sua prima messa. In quella occasione Benedetto XVI ripropose la domanda del padre della Riforma: come posso avere un Dio misericordioso, dicendo che la questione di Dio è stata la passione profonda e la molla della vita e dell’intero cammino di Lutero. La “scottante domanda” diceva ancora quel 23 settembre 2011, “deve diventare di nuovo e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero”.
Domanda che ripete a Lund Papa Francesco: “la questione del giusto rapporto con Dio è la questione decisiva della vita”. E aggiunge: “con il concetto di solo per grazia divina, ci viene ricordato che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta”.
A Lund viene firmata, dal Papa e dal presidente della Federazione mondiale luterana, una Dichiarazione congiunta nella quale si dice che la possibilità di fare assieme la comunione è ancora un obiettivo da perseguire; una ferita da sanare, si legge. Intanto cattolici e luterani possono testimoniare la loro fede e lavorare assieme, dalla custodia del creato all’accoglienza dei profughi, “difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza”.
Non è umano chiudere le porte ai rifugiati, ripeterà il Papa con i giornalisti in aereo: “non è umano chiudere il cuore e alla lunga questo si paga, si paga politicamente, come anche si paga politicamente una imprudenza nei calcoli e ricevere più di quelli che si possono integrare. Qual è il rischio se un migrante o un rifugiato non viene integrato? Si ghettizza. Entra in un ghetto, e una cultura che non si sviluppa in un rapporto con un’altra cultura entra in conflitto, e questo è pericoloso. Credo che il più cattivo consigliere per i paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura. E il più buon consigliere sia la prudenza”.
Prudenza, dunque, per accogliere quanti possono davvero essere integrati, offrendo loro casa, scuola e lavoro.

 

di Fabio Zavattaro 
dal sito http://azionecattolica.it